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giovedì 23 luglio 2015

Fermarsi per ripartire

Non ho voglia di scrivere in questo blog, per il momento.
Non ho voglia di raccontare ciò che mi accade o ciò che sento.
Credo che sia, giustamente, conclusasi una fase della mia vita molto impegnativa in cui, con estrema fatica, sono diventata mamma e mi sono laureata.
Senza questo blog non ce l'avrei mai fatta.
Davvero.
Poter scrivere qui le mie fatiche è stato davvero utile perché spesso solo qui mi sentivo completamente libera di raccontarmi e di riflettere. Perchè scrivendo si riflette e so io quante volte dopo avere scritto PUNTO qui sono potuta ripartire FUORI di qui.

Mi è difficile raccontare il conforto che ho ricevuto dalle persone che mi hanno scritto privatamente dopo avermi conosciuta qui sul blog, e quanto sono stati preziosi certi commenti.

Ma ora non ho voglia di scrivere.

Sono come un sacco vuoto in cui ancora non so bene cosa inserire. Dopo essermi concentrata per così tanti anni in questi miei grandi sogni ora continuo a cercarmi e a volte mi trovo, a volte non mi riconosco, a volte mi scopro.
Metto qualcosa nel sacco, e poi magari lo tolgo, oppure ci finisce dentro qualcosa che non pensavo.
Sono tutta nuova insomma, anche se in questa seconda fase della vita, dai quarantanni in su.

Per ora mi sospendo, non ho voglia di scrivere e quindi non lo farò.
Per chi mi vuole bene posso dire che mia figlia sta crescendo benissimo, per me è spettacolare, mi incanto a guardarla e la amo sempre un po' di più, sempre un po' di più, come e quanto non so possa ancora crescere questo amore che è sempre il massimo che io sono capace di provare. Eppure lei sposta tutti i miei limiti.

Per il resto è tutto un corso e ricorso storico, ho sempre qualche magagna fisica e ora si è aggiunta all'endometriosi, all'iper triglicemia, all'ipo tiroidismo, il fatto che sono asmatica. Mi sento sempre così stanca...
Il lavoro è il mio solito cruccio, sempre troppo e sempre troppo faticoso per ciò che sento di poter svolgere.

Ma va tutto bene da quando c'è la mia stellina, e va ancora meglio da quando sono laureata.

Per ora mi fermo qui.

Quando il sacco sarà di nuovo abbastanza pieno da avere qualcosa da raccontare, tornerò.

E grazie a chi c'è sempre stato. GRAZIE.

lunedì 11 maggio 2015

Ridere

La mia casa virtuale si riempita di polvere perché è quasi un mese che non apro le finestre e non me ne curo.

E' accaduto che proprio mentre cercavo di riprendermi dalle fatiche della tesi, al lavoro è emersa una grave criticità e io, che già pativo molto tutta una certa situazione lavorativa per me molto faticosa, mi sono trovata coinvolta in una emergenza.
Non so pensare ad un periodo peggiore perché accadesse perchè, purtroppo, davvero ero molto provata dalle energie spese per la tesi e stavo cercando di trascinarmi in qualche modo fino alle ferie.
Invece no, è emersa una criticità in un settore in cui sono abbastanza competente da esserne coinvolta completamente e pure in una situazione in cui o ci si ingegna per cercare di risolvere o le cose restano ferme e questo non deve accadere.

L'ho presa malissimo per il semplice motivo che stavo chiedendo a me stessa qualcosa che in quel momento non avevo, ho passato notti insonni e sono andata al lavoro per giorni e giorni con le palpitazioni.
In un momento in cui fossi stata più serena e riposata non sarebbe stato un grande problema ma io davvero ero e sono esausta.

Ora sono passate alcune settimane e sebbene non si veda ancora la fine del tunnel io credo che qualcosa si sia seminato e ho l'impressione che il lavoro sia stato in qualche modo impostato anche se non si direbbe.
Insomma, io sento che la gran confusione della solita inutile e controproducente frenesia stia finalmente lasciando spazio ad un minimo di riflessione e di calma.

Io non ci sto più con tutta questa inutile fretta. Io mi oppongo.

Mi oppongo in generale, nel lavoro ma anche nella vita.
Io dico no.

Non voglio più correre, non lo sopporto, non mi appartiene, non sono io.
Voglio avere il tempo per fare le cose.

A casa e nel tempo libero mi sembra, in qualche modo, di andare verso questa calma mentre invece al lavoro no perché coltivare la calma e la riflessione pare quasi controproducente e invece, secondo me, le cose devono essere viste sempre da tante angolazioni e per fare questo ci vuole la calma, ci vuole il tempo per lasciare spazio alle idee e non alle prime reazioni.

Ci vuole calma e io desidero la calma.

Sono stufa di farmi scivolare la vita fra le dita, voglio gustarmela.

In questi giorni, quindi, purtroppo, sono rimasta travolta dagli eventi lavorativi che anche se erano limitati alle ore di lavoro, venivano spesso a casa con me sotto forma di pensieri e riflessioni che avevo bisogno di fare perché, appunto, io ho bisogno di allontarmi dalle cose per vederle in ogni aspetto.

Per il resto, a casa, ho fatto l'orto.
Ormai l'orto di quest'anno è completamente impostato con fagiolini, piselli, zucchine, melanzane, peperoni, basilico, peperoncini, cetrioli, zucche, pomodori, cipolle, prezzemolo, cavoli e cavolfiori.
Ogni sera mi sembra un sogno potere andare nell'orto senza la fretta di dovere rientrare per studiare ma soffermarmi a vedere se sta crescendo la pianta di fagioli o ad abbeverare con calma i cavoli.
Non ho fatto un orto molto grande, è di medie dimensioni ma, secondo me, quest'anno è ben ottimizzato senza dispersioni e, soprattutto, l'ho impostato in modo che mio marito non tagli inavvertitamente le piante quando taglia l'erba perché l'anno scorso ha tranciato a metà la zucca, i cetrioli, i peperoni e alcuni pomodori...
Il problema era che l'anno scorso ha piovuto tantissimo e l'erba ha preso il sopravvento nei bordi dell'orto confondendosi con alcuni ortaggi.

Sto anche continuando a fare le conserve! Ho preparato una buona marmella di fragole con la menta e ora vorrei cercare qualcosa di davvero sfizioso per conservare qualche verdura di stagione come ad esempio fagiolini o piselli.

Non mi stufo di tutto questo. Vorrei continuare a fare l'orto e conserve per giorni e giorni, mi diverto moltissimo.

Vorrei anche restaurare un mobile di cui avrei bisogno per cui sto pensando di andare da un rigattiere e recuperarne uno.
A me piace restaurare mobili.

In questi giorni sono continuamente colpita da quanto stia crescendo mia figlia.
Negli ultimi mesi sono aumentate le sue capacità logiche e lessicali e mi sorprende con temini davvero difficili o ricercati o con ragionamenti sempre molto simpatici.
E' uno spasso.

Ultimamente è sempre più semplice stare con lei perché sta imparando ad essere sempre più autonoma ed essendo aumentate anche le sue capacità di riflessione, se ne esce con pensieri divertentissimi e inaspettati.
Quasi sempre pensa qualcosa di assolutamente impensabile per un adulto, eppure perfetto.
Dopo un secondo che sono con lei inizio a ridere.
Mia figlia è con me da poco più di 2 anni ma non mi sono mai veramente arrabbiata con lei.
Non ci riesco, non mi fa arrabbiare!
Io la capisco sempre, non c'è niente di ciò che fa che mi faccia davvero arrabbiare.

L'altro giorno ero con le mamme di due sue amichette. Una mamma ha detto che vorrebbe avere un altro figlio ma siccome non arriva stava pensando di adottarlo.
Poi ha detto che temeva però di fare poi differenze fra il figlio adottivo e sua figlia biologica.
Nel dire questo ha guardato l'altra mamma che ha fatto un cenno di consenso, visto che lei certamente poteva capire cosa intendesse.

A me è venuto da ridere perché mi interessa davvero poco spiegare l'amore viscerale che provo per mia figlia, ma capisco molto bene il preconcetto.
Anche io potrei dire che un figlio che nasce dopo un'ora d'amore, per caso, non è neanche paragonabile alla mia epopea per raggiungere mia figlia... Ma ciò perché il bene che si vuole ad un figlio non è descrivibile. Prima di diventare mamma io non avrei mai potuto immaginare questo modo di amare così radicale e quindi è assolutamente plausibile che una mamma biologica pensi che il mio amore per mia figlia non sia paragonabile a quello che lei prova per sua figlia biologica... perché è qualcosa di talmente profondo che solo vivendolo lo si capisce. Io prima non lo sapevo, lo immaginavo ma non c'ero arrivata neanche lontanamente vicina, pur non facendo altro che pensare a mio figlio.
In pratica, è plausibile che una mamma non adottiva immagini che io ami mia figlia meno di come lei ama la sua, o che io senta meno affetto o non quel tipo di amore assoluto.
E invece si sbaglia ma io non potrò mai dimostrarglielo.
E non mi interessa neanche di farlo.

In questi giorni, in due occasioni, sono entrata in due negozi e stavano sparlando di persone cinesi. In un caso una signora stava facendo tutto un panegirico in un'edicola dove io e mia figlia stavamo cercando alcune figurine ed eravamo girate di spalle. Nell'altro caso un signore prendeva in giro i cinesi dicendo che non era possibile che usassero loro un certo aggeggio (made in china) perché troppo grande e loro sono minuti.
Anche in questo caso non ci avevano visto.
Poi in entrambi i casi hanno visto mia figlia che, sebbene abbia tratti inequivocabilmente orientali, quando è con me confonde.
E quindi entrambi sono rimasti fra l'imbarazzato e l'interdetto.

E io ho pensato a quando mia figlia sarà adulta e ai preconcetti che l'anticiperanno e la seguiranno.
Io lo sento questo strappo forte che crea l'adozione internazionale. Sento che mia figlia è un pesce fuor d'acqua per il suo aspetto e anche se è italianissima è spesso difficile, per gli estranei, connettere l'istinto di ciò che vedeno con quello che potrebbe essere.
Come la signora della lavanderia che parlando della prima comunione si è inceppata chiedendomi se lei l'avrebbe fatta... a ma forse lei non la fa... a si eh..
insomma, per un attimo si è confusa come se mia figlia fosse vietnamita e non italiana.
Ed è normale, io la capisco.

E intanto un giorno una sua amichetta le ha chiesto dove sono i suoi genitori, e quando mia figlia ha indicato noi lì davanti, la sua amica le ha chiesto: Non loro, gli altri.
e mia figlia non ha risposto e poi alla sera, quando ne abbiamo parlato, lei mi ha detto che non lo sa i nomi di questi altri genitori e che la prossima volta glielo chiederà lei alla sua amica dove sono i suoi genitori e quando la sua amica le risponderà continuerà a chiederglielo.
ma intanto alla notte si è fatta la pipì addosso e non capitava da almeno 10 mesi.

Io lo sento lo strappo dell'adozione internazionale e lo sento nella mia pelle cosa significa essere un'italiana con gli occhi a mandorla.
Mi piacerebbe che la gente vedesse solo quando sono belli i suoi occhi e pensasse solo che i genitori sono coloro che amano e aiutano a crescere, ma non è così e io lo capisco.
A volte si capiscono anche le cose che possono essere dolorose o quanto meno fastidiose.
Non ho una formula per insegnare a mia figlia a non soffrire di queste curiosità, io spero tanto che anche crescendo abbia un carattere positivo, solare e ironico. Per riderci su perché, davvero, una bella risata vale più di molte parole.

domenica 19 aprile 2015

crescere

La mia Dao sta crescendo e ciò mi emoziona moltissimo.

Adesso, quando è al parco giochi, non si avvicina disinibita a qualsiasi bimbo per giocare insieme ma è piuttosto intimidita e aspetta semmai qualche aiuto per approcciarsi con qualche bambino sconosciuto.
A volte, con gli estranei, è un po' timida mentre prima era sempre subito socievole e, se si offende perché è accaduta una qualsiasi sciocchezza con le sue amiche di scuola, impiega un po' di tempo per elaborare ciò che è accaduto e per trovare il coraggio di riinserirsi nel gioco in corso.
Insomma, sta creando dei filtri che non c'erano quando aveva due anni o tre e che denotano che sta crescendo ed aumenta il suo grado di consapevolezza.

Certamente in parte mi dispiace. La mia tata duenne è rimasta così piccola per troppo poco tempo e io avrei voluto assaporare ancora di più ogni istante con lei.
Ora, a quattro anni, è ugualmente un amore e ugualmente mi piace da impazzire ma sento forte questa sensazione del tempo che passa troppo velocemente mentre io resto qui, ancora abituata al suo pannolone che lei neanche ricorda più, al suo biberon che dovrei ritirare prima o poi, e a quei libricini di cartone che abbiamo consumato a forza di leggerli.

E intanto lei cresce e non si ricorda che l'anno scorso siamo andati insieme alle sue amiche alla fiera del paese, non si ricorda di quando aveva fatto gli gnocchi con me e il suo cuginetto o di quella volta che siamo andati al parco avventura...
Sembra che lei rinnovi le sue cellule del ricordo ogni cinque o sei mesi e sempre mi ritrovo una bimba nuova, che amo sempre di più, che sempre di più cresce e sempre di più si allontana da me, un passo, due passi, un metro, dieci, cento...

E mentre sono fiera di vederla sicura lontana da me e desidero quello, dall'altra parte vorrei averla sempre vicina vicina, piccola, da accudire, perché io non mi sono rinnovata in sei mese, io ricordo ogni secondo e sono pronta a rivivere tutto perché sono stati i momenti più belli della mia vita.


Mi dispiace non potere avere un figlio dalla mia pancia. Mi dispiace perché lo farei con comodità senza dovere essere psicoanalizzata e valutata, senza dover andare in giro per mezza italia a parlare con burocrati ed enti, senza dovere prendere un aereo e andare dall'altra parte del mondo dilapidando qualsiasi tipo di risparmio potessimo mai avere accumulato. Avrei un altro figlio con i tempi corretti della vita e, soprattutto, mia figlia avrebbe un fratello e non sarebbe sola quando noi saremo anziani.

Oppure, ancora di più. mi piacerebbe avere un figlio adottivo velocemente, comodamente come si fa con un figlio che nasce dalla pancia. E rivivrei tutte quelle splendide emozioni dell'incontro, del legame forte con un'altra cultura, e questo stupirmi ogni giorno di come sia così diverso da me eppure così uguale.

Ma riuscire ad adottare un figlio è molto faticoso e adesso sono più stanca e, soprattutto, lo è mio marito e anche solo accennare ad un altro figlio è impossibile.

Per me, invece, sarebbe bello. A volte sono assalita dalla paura quando penso a mia figlia da sola, da adulta. Invece un fratello è comunque sempre un pezzo di famiglia che esiste anche con genitori anziani o morti.
E poi sarebbe bello perché potrei togliermi l'ansia della fine di questo periodo dell'infanzia di mia figlia, un periodo per me meraviglioso in cui gioco e leggo e vivo emozioni da bambina e le trovo magnifiche.


In questi giorni sono così, avvolta in questi pensieri, mentre per il resto cerco di fare passare senza straschichi le ore al lavoro che sono per me complesse, quasi dolorose, e mi rendo sempre più conto di cercare di avere tempi completamente diversi da quelli che vengono richiesti perché mi rendo sempre più conto che non è corretto, che la scelta giusta e il lavoro giusto avviene con il tempo, un po' di più di quello che ho a disposizione.
E poi l'orto.
Quest'anno che finalmente ho tempo di farlo mi sembra di impazzire di gioia! Ho già piantato di tutto, anche a costo di dovere risemisare i fagiolini perché non ho atteso a sufficienza, ma starei ore in quella terra a togliere erba, piantare piantine, seminare o raccogliere fiori, erbette, o dondolare la mia piccola alla quale abbiamo regalato un'altalena, sotto ad un melo che sta per fiorire.
L'orto mi piace, come leggere e come l'arte.
E ciò che non potevo prevedere è che non mi smentisco perché tutto questo mi piaceva ugualmente quando avevo 10 anni.
Insistevo con mio papà che mi desse un pezzo di terra in cui coltivare qualche pianta o seminare fiori, amavo capire di quadri e guardarli e leggevo, leggevo, innumerevoli libri che sono fra quelli che ora non toglierei mai dalla mia libreria.
Che spero di svuotare.

Sono sempre al mio desiderio di svuotare la libreria. Ho iniziato a selezionare i primi libri...


E nel frattempo sto leggendo un bellissimo libro: Il ritorno delle gru di Trevanian. Un capolavoro.

lunedì 6 aprile 2015

un vuoto pieno

Vorrei trovare il coraggio di regalare tutti i miei libri. Così da fare spazio.
Sono polverosi e ingombrano e me li trovo sempre in mezzo ai piedi.

Dal giorno dopo la laurea ho letto un libro molto bello: Le mie rivoluzioni di Hari Hunzru. L'ho preso a caso e l'ho letto tutto d'un fiato.
Avevo altri libri nella lista di quelli che, negli anni, ho accumulato da leggere ma ho desiderato andare a prendere un nuovo libro per il gusto di sceglierlo personalmente.
E la sorte mi ha regalato un libro meraviglioso.

Questo libro è stato preso in biblioteca per cui lo restituirò e fra qualche tempo me ne dimenticherò l'autore perché ha un nome troppo difficile, e il titolo, perché io dimentico sempre i titoli.
Mi resteranno il gusto di averlo letto, le riflessioni che mi ha indotto, i momenti in cui mi tornerà alla mente come i racconti di un vecchio amico o come momenti vissuti, o come parte di qualcosa vissuto (che è poi ciò che mi accade più spesso con i libri che ho amato).
E non lo possiederò perché è della biblioteca.

Quindi, a differenza degli altri chili di libri che ho qui in casa, questo che tanto ho amato non sarà presente.

Perché allora tenere tutti questi libri?

Pricipalmente perché ho paura, poi, di rimpiangere questo atto di regalarli. Per chi ama la lettura è facile capire cosa significa allontanarsi per sempre da quel testo, esattamente quello in quella forma, dimensione, carattere, che abbiamo amato.
Ma neanche in una seconda vita potrei rileggerli tutti, e mia figlia chissà in che formato e lingua li leggerà tutti questi libri (se mai ne leggerà alcuni).

Quindi dovrei trovare il coraggio di svuotare per lasciare vuoto che si riempia di altro che non siano tutti questi libri che tanto, ciò che dovevano lasciarmi, l'hanno già depositato nella mia mente.

Insomma, vorrei avere il coraggio di lasciare andare.

Ho inscatolato tutti i miei libri universitari. Sia ben chiaro che non butterò neanche un libro, l'intenzione sarebbe di regalarli o di venderli. I testi universitari sono, per lo più, fotocopiati e quindi non potrei rivenderli e vorrei vedere chi mai li vorrebbe in regalo. Però potrei volerli riconsultare, quelli si, perché sono nozionistici e, per tanto, potrei avere la necessità di rivederli come mi è accaduto molte volte con i testi delle superiori e anche delle medie.

Forse potrei attendere di essere nella nuova casa per verificare che effetto farebbe avere lo spazio per i libri e non utilizzarlo.

La nuova casa. Desidero una nuova casa al sole.

Adesso ho deciso di partire da un altro punto di vista. Smetto di pensare se avrò o meno i soldi per acquistarla ma inizio a cercarla. In queso modo inizio a mettere in moto le energie per un progetto che credo ne richiederà parecchie.

A proposito di energie, sono in ferie. Sono stata a casa dal lavoro da giovedi scorso e lo sarò ancora domani. Cinque giorni di riposo in cui ho soprattutto dormito che è poi quello che sempre mi ha ricaricato. Sento ancora la mente stanchissima e continuo a sorprendermi di non avere davvero più niente a cui pensare che riguardi l'università. Mi sembra incredibile e spesso di mi ritrovo a pensare che DAVVERO dopo una determinata cosa che sto facendo non devo studiare, verificare, preparare...
Davvero adesso c'è una vita impegnata normalmente come una mamma lavoratrice.

Poi c'è tutto un discorso legato al ritrovarmi che è difficile perchè avevo vissuto un'altra me, più giovane, più energica e più libera.
Con calma vedrò che Plotina ne uscirà o troverò.

venerdì 27 marzo 2015

...l'importante è chi il sogno ce l'ha più grande...

Apparentemente sono uguale a due giorni fa, realmente no.
Peso meno.
Se esistesse un peso che si potesse dare ai pensieri allora io di certo ne avrei tolti qualche quintale infatti ora mi sento leggerissima, come una farfalla, come mia figlia ieri in università che correva negli ampi spazi con il suo vestitino giallo.


Il bello è arrivato dopo, dopo la levataccia, dopo l'attesa, dopo la discussione, dopo la visita alla Mole Antonelliana.
Il bello è arrivato oggi quando sono entrata in biblioteca e come se fosse mia abitudine ho scelto un libro da leggere a casa.
La mia più grande rinuncia è stata la lettura. Me la sono vietata perché per me è radicale e totale e non ce l'avrei fatta se avessi letto. Solo fra un esame e l'altro riuscivo ad inserire qualche misero libro molto leggero, molto veloce, che non distraesse troppo dall'obbiettivo. Che non mi facesse ricadere dentro al mondo di libri e parole silenziose che tanto amo.
E oggi, subito dopo il lavoro, suonata la campanella della mia libera uscita, come una bambina sono entrata in biblioteca e ho guardato i libri che non conoscevo più, come se non sapessi più da dove si inizia.
Come se ora, questo mio mondo dei libri, fosse nuovo, come se dopo 7 anni anche in questo io mi dovessi ritrovare. Ma dove mi ero lasciata? Ma come ero? Continuo a ripetermelo...

Ieri mattina ci siamo alzati all'alba perché avevo ogni sorta di paura, che bucassimo una ruota, che l'auto si fermasse, che accadesse un qualsiasi intoppo...
In università, oltre a noi tre, c'erano solo i miei genitori, mia sorella, mio cognato e i miei nipotini e la mia amica E.
L'indispensabile.
Io ci tenevo ci fossero i miei nipoti perché hanno 6 e 8 anni e credo ricorderanno e i sogni dei bambini possono anche iniziare così, restando affascinati da una porta socchiusa in cui si intravede un professore che parla a moltissimi studenti in una enorme aula, o in una lavagna con alcune scritte in giapponese, o in tanti professori schierati davanti alla zia che parla e parla e parla di qualcosa che è difficile da capire ma è tutto così ufficiale...


La discussione della tesi è andata abbastanza bene, ero sicura di me stessa e molto tranquilla. Non so per quale motivo la professoressa mi ha impedito di raccontare la prima parte delle tre che la costituiscono e ha interrotto il mio discorso con occhiate e segni che intendevano dire che dovevo tagliare nel primo capitolo (che avevo solo iniziato ad accennare). In realtà il discorso era sensato e corretto per cui credo che ci fosse qualche sua insicurezza che non capisco perché la mia analisi era molto precisa e stavo parlando di un argomento che conosco benissimo e di cui sono certamente molto più competente di lei.

A parte questo la discussione è filata liscia.

Al momento dell'intervento della professoressa mi sono cadute le braccia perché ha sminuito la tesi segnalando alcune lacune incredibili, ad esempio che non avevo fatto riferimento alla letteratura ANGLOSASSONE! Cosa di cui non mi ha mai parlato né segnalato di approfondire e con la bellezza di una cinquantina di testi di riferimento (anche inglesi) che sono serviti come fonti.
E' stato assurdo perché ho creato la tesi a sua immagine e somiglianza nel senso che pendevo letteralmente dalle sue labbra per ogni passaggio e sono stata alla sua mercè per un anno per poi sentire appuntare che mancavano ancora altre considerazioni che avrei potuto inserire (senza indicare COSA intendesse però!).
Insomma, sembrava insicura e mi ha criticato la tesi lei che era la relatrice per cui colei che mi ha seguita nel farla!
La corelatrice è stata invece positiva e lusinghiera rendendo la situazione paradossale.

Alla fine mi hanno nominata Dottoressa con il presidente di commissione che non sapeva dire per esteso DISCIPLINE DELL'ARTE DELLA MUSICA E DELLO SPETTACOLO perchè adesso il nuovo ordinamento prevede che si diventi solo dottore in DAMS e quindi non sapeva più come si componesse la dicitura estesa... si è scusato dicendo che non era più abituato, peccato che solo ieri fossimo in due studenti del vecchio ordinamento che il pagliaccio avrebbe dovuto nominare dottore in modo corretto e fluente.
Quando quella gran stronza della mia relatrice mi ha stretto la mano, invece, ha avuto il coraggio di dirmi che la tesi era stata valutata ottimamente perché su massimo 4 punti che potevo prendere (minimo 0) me ne avevano assegnati 2.
Le ho sorriso e ho ringraziato lei e tutti gli altri baroni. E quando mi ha detto, come suo ultimo elogio: "e complimenti per la bambina", non l'ho neanche degnata di uno sguardo e me ne sono andata.

Il momento più bello è stato quando siamo usciti, ho guardato Palazzo Nuovo e l'ho salutato, lui e tutti quei boriosi che ci ho trovato dentro. Perché questi professori d'altri tempi hanno dimenticato il rispetto, che si riceve solo se si da.

Acculturarsi non deve passare per ciò cui sono passata io: indifferenza, cattiveria, senso di superiorità, denigrazione. Acculturarsi deve essere un piacere.
Invece ieri ho visto alcuni vecchiacci pieni di sé e della loro cultura, come ho visto tante altre volte in questi anni. Un professore con cui ho sostenuto ben due esami era in aula quando sono entrata. Non ha fatto il minimo cenno di riconoscermi (e si che gli avevo parlato parecchie volte) e siccome aveva finito con i suoi tesisti se ne è uscito senza neanche degnarmi di uno sguardo.

Sono uscita con un 97 che rispetta anche più della media dei miei voti che era 26.5.

Eppure ieri è stato un giorno davvero felice.
La mia gioia è stata nell'entrare nella Mole Antonelliana e sapere cos'è questo edificio, quando è stato costruito e perché senza bisogno di leggere alcuna didascalia ma perché l'avevo studiato. E' stato nel vedere il dettaglio degli script che si utilizzano per scrivere un film e non avere bisogno di spiegazioni perché ho studiato questo procedimento, è stato nell'uscire e leggere della prossima mostra di quadri alla GAM e conoscere periodo, corrente, autori e chiedermi se ci sarà quella determinata opera senza che nessuno mi dica o spieghi nulla in merito, perché io l'ho studiato.

La mia gioia è stata leggere il biglietto che ha scritto mio padre in cui mi ringraziava, lui, di essermi laureata.
E' stata nell'aprire il bigliettino scritto dai miei nipotini che si complimentavano per la mia LAUREAZIONE e mi scrivevano Ti voglio bene zia con gli auguri pieni di cuoricini rossi.

La mia gioia è stata nella corona d'alloro che il mio amico M. aveva preparato per me senza che io gliela chiedessi, e l'abbraccio della mia amica E., e soprattutto mio padre, mio padre... che diceva a mia mamma, piano piano: intanto siamo arrivati fino a qui.
E la loro gioia.
Mio cognato che è sempre impegnato che alla fine era lì e mia sorella che era emozionata come 23 anni fa, quando era stata lei a laurearsi.

La mia gioia è stata la mia piccola, deliziosa, leggiadra farfallina gialla che colorava tutti gli angoli grigi in cui passava.

La mia gioia, soprattutto, è stata mio marito, perché senza di lui non ce l'avrei fatta e gliela devo proprio questa laurea, per la sua pazienza, il suo spronarmi, il suo credere in me, il suo amore.